La mia gente
So della mia gente
che ha spaccato pietre,
per dare alla montagna un po’ di dignità.
E la montagna li ripagò con pane e libertà!
Non si contarono le ore che li videro curvi,
madidi di sudore sulle pietre ostili.
Le mazze battevano come pensieri
nella mente di un futuro migliore.
Pensavano ai loro figli e alla mala sorte
che non li avrebbe toccati.
E allora la fatica divenne più leggera,
ingoiarono i soprusi, le angherie, gli affanni!
Allora le catene furono solo ornamento,
non cingevano la carne, non la laceravano.
Si vestirono del silenzio di chi sa ma,
nel buio della notte,
parlarono, agirono, si prepararono.
So perché mi hanno raccontato di quella notte in cui:
Le bandiere sventolarono alte e
gli uomini con le “visazze” piene
di pane,”tumazzo” e di vino rosso,
come la rabbia, si misero in
cammino verso la Speranza!
So di quella mattina in cui
occuparono le terre: unica certezza.
Resistettero agli ignavi, ai guardiani,
a chi pensava di essere Dio onnipotente,
di essere pane, acqua: di essere respiro!
So che la mia gente orgogliosa e fiera,
continuò a spaccare le pietre della montagna
ma senza catene,
perché quella ora, era la loro terra.
Bastò la certezza che ai loro figli
non sarebbe toccata in dono la mala sorte,
alla mia gente…a mio padre.
So, perché egli mi ha raccontato
della montagna e della libertà!
Dialetto siciliano:
• “visazze” bisacce
• “tumazzo” formaggio
Poesia tratta dal libro di Francesca Albergamo Lo Bue "LA MAGGIORANZA STA"
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