I giusti nella shoa Un appuntamento realizzato in quella che ormai &e
I giusti nella shoa Un appuntamento realizzato in quella che ormai è divenuta una data simbolo, impressa in modo indelebile nella memoria di quanti, direttamente o indirettamente hanno vissuto la shoa, con tutta la sua forza dirompente, anche per noi giovani generazioni nate e cresciute in un’epoca in cui appare ormai tanto distante, non solo dal punto di vista cronologico ma soprattutto da quello dell’ethos culturale, rispetto a tutti quegli eventi che la memoria è sicuramente destinata ad evocare nel tempo. È un grande onore patrocinare e sostenere appuntamenti che la scuola promuove in un percorso culturale di educazione alla legalità, che hanno visto nella giornata di sabato 9 solo un primo degli appuntamenti che la scuola intraprenderà in questo nuovo anno, grazie soprattutto al lavoro continuo e determinato svolto dalla prof. Impillitteri, a cui va il ringraziamento per “credere” in questi ragazzi, nel lavoro che si può fare trasmettendo responsabilità e impegno sin dalla tenera età: iniziative sicuramente istruttive e con specifiche finalità didattiche, che non hanno, a mio avviso, un fine tanto commemorativo quanto destinato ad incidere sull’attualità, come momento formativo essenziale per le nostre e le loro coscienze. Per ricordare Perlasca “vorrei che la mia vicenda fosse ricordata dai giovani, perché sapendo quanto è successo, sappiano opporsi a violenze del genere, se mai dovessero ripetersi”. L’incontro che si è tenuto con i ragazzi delle nostre scuole, e non solo, ha “scosso” le coscienze dei presenti, ma in un mondo in cui le informazioni viaggiano alla velocità della luce, è sempre più necessario ribadire e trasmettere quei valori fondamentali, fondanti, che vedono contrapposti il bene e il male, che valorizzino la tolleranza civile o l’accettazione della diversità. Non vorrei annoiarvi ma questo piccolo brano mi è piaciuto molto e lo cito, per quanti volessero pensarci un po’ su: Siamo a Vienna, nel 1939. Un ebreo entra in un’agenzia di viaggi e chiede all’impiegato un biglietto. Per dove? Chiede l’impiegato. E l’ebreo risponde: mi faccia vedere il mappamondo, ed inizia a guardarlo e ad indicare un paese dopo l’altro. Ma l’impiegato, ad ogni località risponde: per questo paese ci vuole il visto, questo paese non accetta più ebrei, per entrare in questo paese c’è una lista d’attesa di sei anni… Alla fine l’ebreo guarda sconsolato l’impiegato e gli chiede: sia così gentile, non ha un altro mondo? Oggi forse siamo già in un altro mondo, ma non so se ci viviamo poi così bene… possiamo spendere intere parole per parlare della diversità e della necessità di integrazione piuttosto che discriminazione, ma la verità è che chi una diversità non la vive, forse non la comprende fino in fondo; non ne comprende la sofferenza, il significato di avere lo sguardo degli altri su di sé, non ne può capire il senso di disagio che si prova quando soprattutto “gli altri ti fanno sentire diverso”… ma diverso…non è poi così brutto!
Con stima .
Vogliamo pubblicamente elogiare il Suo operato e di quanti le collaborano anche nella speranza che quanti oggi hanno la fortuna di avere un lavoro, specialmente nel settore pubblico ed in particolare in quello dell’istruzione dove si formano uomini, comprendano pienamente che svolgere bene il proprio compito contribuisce a migliorare la nostra società, cosa che Lei sta facendo pienamente, con impegni che certamente la vincolano non solo negli orari di lavoro.
Grazie anche a nome delle nuove generazioni che, arricchite anche dal Suo operato, cresceranno con scienza e coscienza
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d`inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
ora questa poesia di Primo Levi rapportatela ai nuovi ebrei, ovvero a quelle centinaia di migliaia di profughi che scappano da inferni invivibili in Africa o in Asia, dove la loro vita vale come quella di un Ebreo in un campo di concentramento, ricordate quello che avete pensato quando li aveti visti arrivare, braccati come animali dalla polizia, solo perchè cercano di sfuggire alla miseria e alle ingiustizie. ora noi che siamo nelle nostre case, al caldo assieme ai nostri cari, che guardiamo questi ultimi derelitti, usati,sfruttati dalla delinquenza, con lo sguardo assente di chi ha perso tutto fin la dignità di essere umano e chiediamoci, se questo è un uomo? La shoa è finita per gli ebrei ma è continuata con i nuovi lager statlizzati per altri fratelli, che hanno la sol colpa di essere africani o Afgani . Cerchiamo di essere tutti dei " Perlasca " e quando ne abbiamo l`occasione diamo una mano a questi nuovi perseguitati.
Lucio Vicari