“Un popolo che dimentica la propria storia è costretto a rivivi
“Un popolo che dimentica la propria storia è costretto a rivivila” Recita un vecchio saggio La proposta-capestro FIAT riguardante i lavoratori campani ha un sapore antico, amaro e tragico! Andiamo per ordine. L’azienda Fiat fa una proposta: riportare la propria fabbrica dalla Polonia in Italia (a Pomigliano) Saggia decisione (anche se non bisogna dimenticare che a farne le spese sarebbero altri lavoratori, anch’essi esseri umani, e che spostare i propri interessi, giocando sulla loro pelle, diventa un esercizio davvero pericolo che nulla a che fare con l’etica del lavoro di cui molti imprenditori si riempiono la bocca). Ma ci si doveva aspettare la contropartita, che è puntualmente arrivata cogliendo, abilmente, l’occasione della crisi economica in atto. E quale occasione migliore se non quella del terrore (da parte dei lavoratori) di perdere la già fragile certezza di un lavoro, utile alla sopravvivenza della propria famiglia, per affondare il colpo? Infatti ecco la proposta–capestro: “Ritorno in Italia sì, ma alle condizioni contrattuali della Polonia che, come è noto, non gode di molti diritti. Diritti sacrosanti e inviolabili, invece, per i quali i lavoratori italiani hanno fatto anni di lotte, costati, in alcuni casi, anche qualche morto e che qualcuno tenta di fare dimenticare. La contropartita è ancora più disumana se si pensa che essa vede gli operai fiat messi alle strette, anzi al muro, impossibilitati a dare una risposta serena e libera; e chi decide di non accettare l’offerta deve pure subire l’offesa da parte dell’ inqualificabile ministro Brunetta, che li ha definiti: fannulloni! E pensare che lo paghiamo pure, noi cittadini, per farci offendere. Contrariamente a quanto accadeva in passato, poi, i lavoratori non sono neppure supportati da un sindacato unitario. Il sindacato di area padronale, infatti, consiglia loro la resa. Dimentica però di dire ai lavoratori che quando si inizia ad accettare una compromesso ne arriva subito un altro, ed è la deriva. “Oggi a Pomigliano e domani ad ogni Italiano” scrive Marco Rizzo E i prossimi diritti negati saranno: Il diritto al lavoro: divenuto fonte di mercificazione. Il diritto alla salute: privilegio delle classi più abbienti. Il diritto all’istruzione: privilegio dei ricchi. Il diritto alla giustizia: privilegio dei potenti. Ma questa è un’altra storia! Ma a quale vita hanno diritto, parafrasando il pensiero del Cardinale Ruini in tema di diritto alla vita, tutti gli esseri umani e non solo pochi privilegiati, visto che la proposta-capestro Fiat ha la stessa valenza di chi dice al torturato di confessare il proprio delitto, pur sapendolo innocente, pena la morte? L’esempio è forte, ma rende bene l’idea e sveglia le coscienze sopite. Farebbero bene, i nuovi rappresentanti dell’Italia padrona, a non ergersi a salvatori della patria, perché questo avrebbe il sapore amaro della beffa dopo il danno e sarebbe umiliante e provocatorio. Sarebbe stato più giusto,invece, da parte della Confindustria, cercare di ottenere presso i governanti “ amici” la diminuzione del costo del lavoro (accordi che altri paese europei hanno già attuato) anziché scegliere la strada della fuga verso paesi più favorevoli per condizioni contrattuali, contribuendo così alla destabilizzazione economica dell’Italia, oltre che umana. Ma forse essi non hanno potuto imporsi in tal senso avendo già goduto di molti privilegi, soprattutto fiscali e in termini di aiuti economici. E poi si sa che in tempo di crisi, rinunciare a qualcuno dei loro agi non è proprio possibile. Più giusto e normale che a rinunciare ai propri diritti siano i lavoratori, in fondo loro hanno già poco, avere meno non costa nulla. Mi pare di sentirli sulle loro barche lussuose, di cui non pagano, quasi mai le tasse, dire: “Ma cosa vogliono questi operai! Hanno già il pane! Pensa che vogliono pure i figli Dottori e Ingegneri e magari Scienziati. Pensa che vogliono pure andare in vacanza e, poi,anche la sicurezza sul lavoro, e persino la libertà di parola, ma pensa un po’ che pretese! Perciò occorre che i poveri diventino sempre più poveri, perché così rinunciano a ragionare e diventano inoffensivi.” E giù a ridere, ridere come ridevano gli industriali romani la notte del terremoto all’aquila mentre la povera gente moriva. Dimenticano i “ nostri” che il popolo in catene e affamato comincia, invece, a ragionare e diventa più potente dei potenti. Forse è arrivato il momento che qualcuno rispolveri qualche buon libro di storia antica e recente. Ne possediamo tutti, poveri e ricchi. Essi servono a renderci più liberi P.S. A proposito di libertà: Un giorno mio padre fu chiamato dal responsabile dell’ufficio di collocamento di Alia e gli fu detto che, se non avesse provveduto a fornirsi della tessera politica adatta, non avrebbe più potuto accedere ai cantieri pubblici. Mio padre non fece mai quel tesseramento e preferì emigrare con tutta la sua famiglia. Egli che conosceva il prezzo della libertà, essendo stato in un campo di concentramento tedesco, scelse la libertà! Francesca Albergamo Lo Bue.