Padre Damiano - II -

Radici & Civiltà

REPORTER REPORTER Pubblicato il 27/08/2006
<b>Padre Damiano</b>   - II -
L’eventuale pubblicazione di parziali brani musicali allegati a testi scritti è fatta a titolo di Demo, essendo essa finalizzata a documentare la relativa ricerca della rubrica “Radici & civiltà” non avente scopo di lucro, ma, piuttosto, finalità di libera divulgazione culturale.

Padre Damiano - II -

PADRE DAMIANO BARCELLONA



Recensioni al Suo ”Epistolario” e Meditazioni sulla Sua figura di padre spirituale, nell’incontro con la Comunità aliese, avvenuto il giorno 12 agosto 2006, con il coordinamento e la direzione del prof. Don Paolo IOVINO, curatore dell’Opera.



Introduzione di: SIRAGUSA dott. Vincenzo.


Relazioni di: GUCCIONE prof. Eugenio / DI NATALE dott. Paolo / CHIMENTO prof.
Filippo.


Messaggio di: DISPENZA Mr.Vincent



Il seguente testo è del nostro concittadino, prof. Eugenio GUCCIONE .

Al testo stesso è allegato un file audio che permette di ascoltare, dalla viva voce dell’Autore, l’intera relazione o qualche stralcio di essa.



L’Epistolario, che presentiamo, è la più cospicua eredità spirituale che il Prof. Mons. Damiano Barcellona abbia potuto lasciare a quanti hanno avuto, come noi, la fortuna di conoscerlo, frequentarlo e ammirarne le rare virtù. Esso, edito dalla casa editrice trapanese “Il Pozzo di Giacobbe” e curato dal reverendo Prof. Paolo Iovino, raccoglie una corposa serie di lettere indirizzate, tra il 1935 e il 1987, a diversi destinatari. Ha il valore di un prezioso, inestimabile dono, tanto inatteso, quanto gradito. Questa raccolta, non solo perpetua la memoria di una persona a noi cara, ma anche e soprattutto ne garantisce, pur dopo la morte, la continuità di una missione apostolica imperniata sui principi del Vangelo, vissuti in prima persona e coerentemente praticati nella vita ecclesiale e sociale.

Quelle lettere acquisiscono un significato e un’importanza che vanno oltre la loro rispettiva contingenza, vanno oltre le singole situazioni personali. Esse non furono scritte per essere pubblicate, tanto d’avere creato, durante la ricerca, seri problemi di coscienza al curatore che, in ogni modo, ha trovato una onorevole e responsabile via d’uscita per recuperare, a vantaggio di tutti, l’eccezionale patrimonio spirituale.

I destinatari, quasi tutti viventi, – e da qui il maggiore imbarazzo del curatore a rendere pubblico l’epistolario – hanno certamente ricavato un sicuro sollievo dalla corrispondenza con Padre Barcellona (così egli preferiva essere chiamato e così anche noi vogliamo chiamarlo). Ma quelle lettere – proprio come se fossero state scritte oggi – sono in grado di dare qualcosa anche a ciascuno di noi, di dare qualcosa a quanti, secondo lo stato d’animo e le circostanze, hanno bisogno di un’esortazione per affrontare le difficoltà della vita, di una parola amica per superare uno sconforto, di un’energica guida per andare avanti nei meandri dell’esistenza. Questo libro più che letto, va meditato, sottolineato, annotato, consultato.

A parte la carica di spiritualità che sprizza da ogni riga delle lettere, compresi i biglietti augurali in occasione di festività, e che si può e si deve dare per scontata in un sacerdote, specialmente se riguarda un sacerdote a noi tutti noto, va rilevato che si scorge nell’intero epistolario un acuto intuito psicologico, che fa di Padre Barcellona un profondo conoscitore degli uomini. Egli penetra l’animo del suo interlocutore o della sua interlocutrice, ne diagnostica lo stato, l’ambiente, ne comprende le reazioni e il comportamento, individua gli elementi su cui può imperniare il suo scritto e, poi, procede con determinazione nei suggerimenti, nelle consolazioni, nelle sollecitazioni, nei richiami.

In tale suo ruolo si coglie una particolare predisposizione, consolidata dagli studi umanistici, perfezionata dalla ricerca sull’Epistolario di San Basilio Magno, potenziata dalla frequente pratica del confessionale, rinvigorita da un’intera esistenza dedicata, come padre spirituale, ai seminaristi, agli ex-seminaristi, alle studentesse e alle ex-studentesse del Collegio di Maria in Cefalù, e a coloro i quali ricorrevano a lui per un consiglio o per un’assoluzione. Uno psicologo di Dio in servizio permanente effettivo. Questo fu Padre Barcellona. Così viene fuori, oggi, in tutta la sua interezza, dall’Epistolario.

«Dunque, figliuola, – si legge in un messaggio inviato da Cefalù il 25 novembre 1955 – la tua lettera mi ha fotografato il tuo nuovo ambiente, la tua nuova sistemazione, le tue precise condizioni psicologiche, tutta la tua anima, perché vedo la tua sensibilità provata crucialmente, fin nell’intimo, da questo sbalzo, il più brusco che poteva subire e vedo anche la tua anima nella parte superiore di essa, cioè nella visione con cui ritrai la nuova tua realtà e nella reazione di sentimenti e di volontà con cui hai assunto praticamente il tuo atteggiamento personale dinanzi a questa realtà stessa. Mi hai espresso tutto ciò nella maniera più immediata e più spontanea, in modo che posso dirti la mia parola, di rilievi e di indirizzo, da Padre della tua anima, nel modo più sicuro» (pp. 94-95).

E, a questo punto, Padre Barcellona dalla diagnosi passa alla psicoterapia. E, alla “figliuola”, che gli aveva manifestato una certa intolleranza per il suo nuovo ambiente di lavoro sino forse a confessargli qualche grave mancanza di carità, egli, fra l’altro, così scrive: «Ed allora, la tua consegna non può essere che una: conservare, ravvivare, applicare ad ogni contingenza, episodio, pena etc., la “visione” di fede che illumina, elèva, valorizza ogni singola realtà, per prosaica e squallida che possa essere » (p. 96).

A circa un anno dalla precedente lettera Padre Barcellona si rivolge alla stessa destinataria nel tentativo di tirarla fuori da uno stato di depressione, in cui la donna temeva di essere caduta: «Non perdi quota quando soffri, anzi ti innalzi, perché butti giù della zavorra del tuo io e sei disponibile alla volontà di Dio. Non guardare e non badare a quello che ti senti, ma a quello che vuoi essere. E non preoccuparti del “come” preghi, piuttosto occupati a pregare “come puoi”, “quando” e “quanto puoi”! Il Signore coglie la preghiera anche nel sospiro, nel canto, sulle labbra o nel cuore […]. Figliuola, ti voglio ottimista al massimo: con tutta l’anima spalancata alla speranza, vissuta quotidianamente quanto la Fede, che hai ricca, e, più ancora, la Carità» (p. 103).

La lettera, sin qui citata, è solo un esempio della metodologia e del contenuto a cui fa ricorso Padre Barcellona nel tenere la corrispondenza con i suoi figliuoli o figliuole spirituali. Le pagine dell’ Epistolario si articolano in analisi e in indicazioni di cure, ritenute adeguate ai destinatari. Ma si arguisce subito che la sua psicologia non è una comune psicologia, non è applicata secondo i canoni di una scienza umana. Le medicine da lui prescritte non si trovano dal farmacista. O meglio, un farmacista – uno che, ovviamente, non fa le serrate - lo si può individuare tra le righe delle sue lettere, ma si identifica con Dio, con il Risorto, indicato da Padre Barcellona come il rimedio stesso a ogni malanno dell’uomo, come il farmaco per eccellenza.

Ci troviamo – se il curatore mi lascia passare il termine – dinanzi alla psicologia del soprannaturale, ossia dinanzi a una psicologia che, non trascurando l’aspetto biologico della psiche umana, si proietta e si risolve nel divino, causa prima e causa ultima degli uomini, che, in quanto tali, vanno considerati nella loro integrità per quello che costoro essenzialmente sono, esseri razionali creati da Dio e per Dio. È, con tale visione cristiana della realtà, che Padre Barcellona si rapporta con gli altri e, nella relazione epistolare, si rivolge ai suoi corrispondenti esortandoli a ritrovare se stessi e a scoprire la loro vera natura e la loro effettiva collocazione di figli di Dio.

Da qui l’efficacia e il successo della sua terapia. Ne dà testimonianza, in una lettera riportata nel libro, il prof. Carmelo Ferraro, il quale, – ricordando le vicissitudini personali e l’intimo travaglio di un suo giovane amico a causa dell’insuccesso avuto con «un fior di ragazza» – , così conclude : «È dovuto ricorrere dallo psicologo. Ma è stato padre Barcellona ad aiutarlo sulla via della sofferenza “ingiustificata”. Più tardi si è sposato anche lui, ma ti colpisce ancora se accenna a certe ferite che hanno lasciato il segno. Ricorda ancora il consiglio di padre Damiano: salute, serenità, santità» (p. 230).

Un trifarmaco dal potere taumaturgico quello prescritto da Padre Barcellona. Potremmo semplicemente denominarlo il trifarmaco delle “tre esse” : salute, serenità, santità. Ma in che cosa consistono le tre componenti? … La salute tutti sappiamo cos’è, ma, secondo Padre Barcellona, essa va riguardata quando c’è e deve essere tutelata con un sistema di vita fisicamente e spiritualmente in ordine … La serenità tutti immaginiamo cosa possa essere, ma essa, sempre secondo il suo consiglio, va raggiunta prima nell’animo e nella coscienza e, poi, imposta a tutto il nostro essere … E la santità cos’è? … Cos’è la santità? … È difficile, impossibile rispondere a questo interrogativo. La santità – così sembra a me - è un abito di cui si può parlare solo se lo si indossa. Al riguardo Padre Barcellona ci viene incontro e ci illumina. Egli sa cos’è la santità, poiché la vive giorno dopo giorno e la raccomanda agli altri, ma si guarda bene dal darcene una propria definizione. La prende in prestito, infatti, da Santa Teresa di Lisieux. E, in una lettera dell’11 aprile 1975, la riporta testualmente : «La santità non consiste in questa o quella pratica, bensì in una disposizione del cuore che ci rende umili, piccoli nelle braccia di Dio, consapevoli della nostra debolezza, ma fiduciosi fino all’audacia nella bontà del Padre» (p. 120).

In tale concetto di santità troviamo rispecchiata per intero la personalità di Padre Barcellona, che, sia pure indirettamente, ci offre un tracciato della sua esistenza, ci svela il programma della sua vita. Poggia su questo concetto-base la sua psicologia del soprannaturale. Egli fa della santità la sua meta. E si impegna, con se stesso e con la Chiesa, a portare anche gli altri sulla vetta. E svolge questo ruolo con grande umiltà ritenendosi – come ricorda il Prof. Paolo Iovino nella bella e sostanziosa introduzione all’ Epistolario – «solo uno strumento inadeguato nelle mani di Dio » (p. 45). Potremmo dire, in altre parole, un semplice canale di trasmissione della parola di Dio.

Nell’ Epistolario, intanto, si colgono, con tutta evidenza, le tracce delle scuole da lui frequentate con lodevole profitto e dirette con autorevolezza dal filosofo e teologo Mariano Campo, suo direttore spirituale, dal giurista Emiliano Cagnoni, vescovo di Cefalù, dallo psicologo Agostino Gemelli, fondatore e rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, dall’umanista Giuseppe Lazzati, professore di Letteratura Cristiana Antica e relatore presso la stessa Università della sua tesi di laurea in Lettere classiche su Elementi retorici nelle lettere di San Basilio Magno Grazie a tale ricerca Padre Barcellona – come egli stesso nel 1938 scriveva al vescovo Cagnoni – potrà, «contemporaneamente, coltivare la lingua greca ed esplorare una Figura ed un secolo così grandioso per la storia della Chiesa e del pensiero cristiano» (p. 69).

Egli da tutti i suoi maestri apprese molto e a tutti rimase profondamente grato. Ma colui il quale incise sulla scelta del suo modello epistolare fu, senza dubbio, quel San Basilio Magno del quarto secolo, autore, fra l’altro, di lettere ascetiche e consolatorie, nelle quali «più che il Vescovo e più che l’amico – scriveva il giovane laureando nella “Parte seconda” della sua tesi di laurea – vediamo l’esperto Maestro di vita spirituale, che parla con l’abbondanza dei pensieri, con l’azione soprannaturale e con il preciso intuito psicologico che gli vengono, oltre che dalla richiesta della sua anima, dalla profonda e lunga esperienza di una vita ascetica vissuta in tutto il suo slancio e la sua pienezza» (pp. 246-247).

Anche in questo brano è possibile cogliere un ulteriore elemento autobiografico di Padre Barcellona, che, appena venticinquenne, ama rilevare in San Basilio quegli aspetti che saranno da lui imitati e daranno una forte impronta alla sua personalità. Se proviamo a richiamarceli, li ritroviamo tutti … perché Padre Barcellona, così come il Santo Vescovo di Cesarea, diventerà un “esperto Maestro di vita spirituale”, parlerà con “abbondanza dei pensieri”, terrà in gran conto “l’azione soprannaturale”, rivelerà un “preciso intuito psicologico”, seguirà fedelmente la “richiesta della sua anima” (da intendere, ovviamente, la sua vocazione!), si fortificherà con la “profonda e lunga esperienza di una vita ascetica vissuta in tutto il suo slancio e la sua pienezza”.

Nell’ Epistolario di Padre Barcellona c’è in più, a mio parere, una naturalezza di espressione, che solo parzialmente la critica letteraria riconosce a San Basilio Magno. Voglio dire che Padre Barcellona riesce sempre a trasmettere il suo pensiero con spontaneità, con chiarezza, con semplicità. Sta anche in ciò il segreto dell’efficacia delle sue lettere, non prive, fra l’altro, di qualche punta di sottile, costruttiva ironia, come quando, alla “figliuola” che gli scrive «Non ho fiducia neanche in me stessa», egli risponde : «Non è male. È luminoso principio di vera conoscenza di sé, quindi di umiltà» (p. 104).

Nello spirito di quella comprensione che nei veri e nei grandi educatori non è sinonimo di cedimento e non si traduce mai in debolezza, la spontaneità di Padre Barcellona giunge, talvolta, a qualche improvviso scatto, a qualche voluta, consapevole impennata destinata a rientrare nelle righe successive. È il caso dell’energica risposta da lui data nella lettera scritta da Alia il 3 luglio 1969, in cui, a seguito di un presumibile appunto di una sua corrispondente, così scrive: «Desidero darti piena assicurazione che, avendoci ripensato serenamente davanti al Signore, ho piena coscienza di non avere da ritrattare nulla […] degli umili insegnamenti e delle indicazioni che ti ho dato […]». E, poi, più avanti, con la stessa naturalezza, forse per addolcire la dose, conclude nel seguente modo: «Ti aggiungo che sono contentissimo del quesito […] come anche della filiale libertà nel dirmi ciò che, nella mia vita e nei miei pronunciamenti , non ti apparisse convincente. Fallo sempre! Te lo chiedo io stesso!» (p. 117).

L’Epistolario contiene lettere strettamente private e solo un esiguo numero delle molte scritte dal mittente nel corso della sua esistenza, ma in esse è possibile cogliere, qua e là, i presupposti, i capisaldi, su cui Padre Barcellona impernia i rapporti sociali. Vi si riscontrano una fede salda, convinta, suffragata dalla ragione, una grande devozione alla Madonna, la centralità della persona umana, la concezione provvidenzialistica della vita e della storia, un alto senso dell’amicizia e della giustizia, un saldo legame al paese natio e, - sulla scia di Giorgio La Pira -, l’accettazione della morte come «l’ora della gioia». C’è pure un cenno, intenso ed eloquente, alla vita politica, da lui considerata come «”servizio” e come “testimonianza” al Vangelo» (p. 218).

Va detto, in conclusione, che il recupero dell’Epistolario di Padre Barcellona è, certamente, un notevole contributo alla storia della spiritualità nell’ambito della Chiesa cattolica, ma deve essere, in pari tempo, visto come un’interessante iniziativa culturale, un’apprezzabile operazione culturale i cui risultati arricchiscono la letteratura epistolare consentendo una sempre più larga e più profonda introspezione dell’animo umano. Come cattolici, come lettori, come aliesi, dobbiamo essere grati al Prof. Paolo Iovino per avere raccolto e curato con intelligenza e con distaccato senso critico le lettere dello zio. Particolare menzione meritano anche gli anonimi destinatari, i quali, cedendo le lettere ai fini della pubblicazione, si sono resi conto che esse, per il loro alto valore spirituale e morale, non potevano finire in un cassetto o, magari, essere gelosamente custodite in uno scrigno.

Era opportuno, doveroso, fare ciò che è stato lodevolmente fatto: diffondere quelle lettere a vantaggio degli altri e a perpetua memoria di un sacerdote eccezionale – il Prof. Mons. Damiano Barcellona - che le aveva scritte senza immaginare neanche lontanamente che un giorno sarebbero state pubblicate.
Grazie!




Nella foto: il prof. Eugenio Guccione , durante la presentazione della sua relazione.


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