La breve vita di damigiana
Dame Jeanne, figlia del poeta umanista, Jean Paul Demijohn, e poetessa di suo, capitò al Castello di Lalia, invitata dalla bizantina zia, Donna Filumena "Basilicò", che, vedova del cugino Martin Demijobn, aveva sposato la moderna causa "d'addivari pipii", senz'archiviare quella, nobile ed antica, "ocarum educandarum", mirata al "target" dello iecur ficatum, del fegato delle capitoline, cioè, rimpinzato e rimpinguato da una dieta a base di "ficu d'asciucari e ficu asciutti".
"Quo merito", la nobildonnna, da anfitriona ed ospite, riceveva un ormai routinario riconoscimento, nella sala da pranzo del castello, da parte del collegio degli etimologi, lungo le annuali "Magna Icinora", a motivo che essa, seppur affatto digiuna di semantica, contribuiva a tener viva, come le Vestali il fuoco di Vesta, la discendenza di "ficatu e ficatalata" dal nome del citato organo, "sic espansi".
La otto-novecentesca Donna Filomena, viva nella memoria per il motto popolare: "Ti finì cuomu la pipìa di Donna Filumena!", ereditò dalla prima la passione per la colorita specie di pennuti, dalla glabra, lunga e verrucosa cervice, che ben rappresentano il mondo moderno, siccome le oche, l'antico.
La Basilicò vedeva bene Dame Jeanne e come dama di compagnia e come moglie del suo unico figlio, il maturo signorino Blaise, che procrastinava il matrimonio, negando alla madre la gioia di un nipotino che la distraesse dall' innaturale impresa di "fuddari pipìi e unchiari ficati d'ochi. Dame Jeanne est très charmante et intelligente", si legge nelle cronache "dell 'Ardèche", e, nonostante il matrimonio col poeta Roman de Valence e due pseudo-gravidanze, aveva, ancora, la vituccia di una mantide religiosa, dalla veste gialla o verde, nota agli aliesi col nome di signorina"; e col vocativo di "Signorina" venne, subito, da loro, invocata.
Ma Dame Jeanne dovette affrontare il dramma dell'obesità sin dal primo pranzo dalla zia. Dopo una settimana di un regime di leggeri "petits dejeuners", con "fois gras frit", ricotta di vacca e formaggio di pecora, e di piatti di pregevole fattura, colmi di succolenti "cavatieddi", a pranzo, e di brodosi "tagghiarini", a cena, stava bene, già, nei panni della zia, ancor saltellante ragazza, e della coeva dama inglese, modello del futuro "designer" della Coca Cola. Ma, a due settimane dal suo arrivo, era già avvenuta non solo la metamorfosi di Dame Jeanne in Damigiana, ma anche il bizzarro matrimonio tra entomologia ed arte vetraria, dal quale nacque l'apostrofe: "Signorina Damigiana!".
Ma la signorina Damigiana non aveva del tutto volatilizzato il suo pascaliano "esprit de finesse, en avance", per non riconoscersi, allo specchio, nella sua nuova identità di panciuto recipiente in vetro soffiato, verde od oro, nudo o impagliato, e, conscia che per la capitolazione del cugino avrebbe dovuto togliere il titolo di"jarre de poste" alla zia, optò per il ritorno immediato, "terra marique, en Provence", dove, grazie ad una duplice terapia idro-psichiatrica, ad "Aquae Sextiae", potè ridiventare la "signorina" di prima e riprendere l'attività di anoressica poetessa "au Chateau de Tournon".
Ad un nuovo assalto epistolare da parte della zia, per riaverla a Lalia, Dame Jeanne, a stretto giro di posta, così rispose: Cara "tante", seppur di nuovo "signorina", non posso ritornare ad Alia a causa del mio nome a rischio e di una "petite syndrome ovidio-apuleiana" , di due piani, con, nel primo, la paura, legittima. di ridiventare Damigiana. e nel secondo, il terrore di un'ulteriore trasformazione in un oggetto di terracotta, simile a uno di quei pìthoi di "lu malasé di lu bagghiu", i cui fianchi opimi, invano, io cercavo di stringere. Riconoscente, però, per avere imparato, "chez toi, la langue de Frederic", ti abbraccio, ponendo a chiusa della missiva, un mio poetico fiore, "en
sicilien":
sicilien":
E' veru ca Lalia àvi lu meli
e arrieri veni cu si nni va
ma Damigiana nun voli vèniri
ora ca è arrieri Madame Jeanne
e signorina chiossà di prima.
Di l'acqui priennu a la terapia
e luntana di lu bruoru di pìpìa. di Didacus
pubblicato in " La VOCE della Mamma " di Alia, nr.1/04, pag. 3
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