Ricordo della emigrazione di Napoli Salvatore da Alia (PA) a Pieve Santa Luce (Pisa)
Salvatore Napoli, nato nel 1935, viveva ad Alia con i suoi genitori, cinque sorelle e un fratello più piccolo.
Il papà di Salvatore, Antonino, era al servizio della famiglia Guccione “vitrinari”, il suo lavoro consisteva principalmente nel trasportare con il carrozzo i prodotti, i frutti che la terra produceva nelle varie stagioni dell`anno, da un podere all`altro e da un paese all`altro.
Salvatore aveva seguito suo padre nei lavori presso la fattoria Foresta dei Guccione, un podere che si trovava al di fuori della provincia di Palermo, molto lontano da Alia, in provincia di Caltanissetta.
Fu nel periodo successivo al secondo conflitto mondiale che la famiglia Napoli decise di spostarsi in Toscana per cercare un avvenire migliore.
La prima ad emigrare fu Calogera, sorella di Salvatore sposata con Costanza Salvatore.
Era il 1949 quando Calogera e suo marito decisero di partire insieme ad un`altra famiglia di Alia, la famiglia Drago.
Costoro avevano saputo da una persona di fiducia che in Toscana potevano acquistare del terreno a basso prezzo, il valore della terra toscana era dimezzato rispetto al valore della terra in Sicilia, così decisero di vendere gli appezzamenti di terreno che possedevano ad Alia e con il ricavato essi effettivamente ne acquistarono una quantità doppia.
A spostarsi successivamente è stata la mamma di Salvatore, Lucia Chimento, che coraggiosamente, pur essendo analfabeta e senza aver mai affrontato un viaggio lontano dal suo paesino, decise di recarsi ad Orciano, la località Toscana in cui viveva sua figlia, per assisterla nel parto.
Durante la sua permanenza in Toscana Lucia poté conoscere meglio quei luoghi e quella terra dove ormai sua figlia viveva, lì seppe dal genero che l`Ente Maremma aveva pubblicato un bando con cui si assegnavano terreni a contadini provenienti da qualsiasi parte d`Italia.
Forse il desiderio di vivere vicino alla figlia, il pensiero del distacco dal nipotino appena nato, la possibilità intravista di poter possedere una loro terra e non lavorare più per un padrone, fece scaturire in lei un` idea che, anche se all`inizio poteva sembrare ardua, si sarebbe ben presto rivelata proficua.
Alcuni mesi dopo la nascita del bimbo Lucia ritornò ad Alia, ma il suo primo pensiero fu quello di convincere il marito a lasciare tutto per partire e partecipare a quel bando in Toscana.
Sicuramente dovette insistere parecchio, poiché Antonino, pur riconoscendo che essere proprietari e lavorare una terra propria era quanto avesse sempre desiderato, era titubante: doveva lasciare il suo lavoro, doveva affrontare quel viaggio e rischiare di trovarsi solo con un pugno di mosche!
Ma la tenacia e l`insistenza di Lucia alla fine ebbero la meglio, Antonino decise di rischiare e partì: era il mese di novembre del 1952.
Giunti ad Orciano i genitori di Salvatore, ospitati a casa di Calogera, iniziarono la trafila burocratica per partecipare a quel bando per all`assegnazione e acquisto di un podere in Toscana, era quello il periodo della riforma agraria .
Dopo qualche mese ad Antonino fu assegnato in località Pieve Santa Luce, una frazione in provincia di Pisa, un terreno impervio, insieme a poche bestie, degli attrezzi per lavoro e una modesta abitazione che però era in pessime condizioni.
Egli non si perse d`animo, iniziò subito a coltivare la terra e, dopo aver fatto la prima semina, tornò ad Alia a prendere Salvatore ormai diciottenne per portarlo su a lavorare con lui; successivamente, dopo che la casa in costruzione nel podere fu completata, anche Pietro che aveva solo 11 anni si trasferì in Toscana insieme alle altre tre sorelle, era il mese di aprile del 1953.
Salvatore ben presto si sposò con Gaetana Drago, la quale viveva ad Orciano da quando aveva 9 anni, era infatti figlia di quel Drago che insieme a Costanza Salvatore e Calogera, ora sua cognata, era partito da Alia per acquistare la terra in Toscana.
Salvatore anche dopo il matrimonio continuò a lavorare la terra di suo padre insieme a suo fratello Pietro, contemporaneamente, per alcuni anni lavorò a servizio in una fattoria del Conte Giuli del castello Montalcino.
Anche la terra assegnata a suo padre era stata espropriata al conte Giuli dall`Ente Maremma, Salvatore ricorda che quell`appezzamento che fu loro assegnato era incolto, arido, c`è voluto tanto lavoro e tanta volontà per renderlo produttivo.
Quella terra resa fertile dal duro lavoro di suo padre, suo e di Pietro fu coltivata con vigneti e uliveti, con il ricavato dalla vendita dei prodotti della terra e dalla vendita delle carni delle bestie macellate, o dai latticini che producevano con il latte delle mucche, essi oltre a mantenere la famiglia pagavano ogni anno una quota all`Ente Maremma, per 30 anni, poi finalmente hanno riscattato il podere.
La famiglia di Salvatore possiede ancora quei poderi, ma oggi quella terra produce dell`ottimo vino e olio di oliva, la casa colonica è circondata da siepi di alloro, alberi di gelso, melograni e fichi d`india che lui stesso ha piantato, dotata altresì di tutti i comfort e di un moderno impianto fotovoltaico. Salvatore e Pietro sono soci di una cooperativa di agricoltori che agli inizi contava 60 iscritti, ma oggi con il passare del tempo, sono diventati oltre 300.
Accanto ai moderni macchinari per la lavorazione della terra, Salvatore conserva ancora la vecchia falciatrice che suo padre usava con maestria.
Hanno partecipato a diverse fiere del bestiame mostrando i loro capi di allevamento, i vitelloni, le loro mucche di razza “chianina”, una razza pregiata, tori dal peso di 18 quintali, vincendo diverse gare e ricevendo in premio delle medaglie.
Salvatore ha avuto una grande forza d`animo lasciando la sua terra, ma è stata la caparbia di sua madre, tornata dalla toscana dopo il parto della figlia, a convincere Antonino a lasciare quel lavoro di mezzadro, comunque un lavoro sicuro, con la paura che in Toscana la terra non gli venisse assegnata, rischiando di lasciare il certo ( Alia anche se poco ) per l`incerto (la Toscana ).
Oggi Salvatore è contento della scelta che ha fatto suo padre e lui stesso a seguirlo, essere non salariati ma proprietari, lavorare una terra che sai che prima o poi sarà tua, è stato più gratificante che non lavorare una terra che produce prodotti che non sono tuoi, e “che per lavorare non sei pagato ma ti danno solo da mangiare e dormire”.
Salvatore non è più stato ad Alia, certo, ha nostalgia della sua terra, la nostra visita ha svegliato in lui i ricordi, nei suoi occhi azzurri, come quelli di Pietro, ho visto una grande emozione fin dal primo momento in cui ci ha visti, poi ci ha stretto la mano, ci ha abbracciati come fossimo suoi cari parenti, accogliendoci in casa con calore e affetto come solo i grandi aliesi emigrati nel mondo sanno fare.
Gaetana ha preparato delle pietanze con la carne degli animali da loro allevati, abbiamo riscoperto quei sapori che ci ricordano la nostra terra, lei è rimasta una vera siciliana, dedita alla casa e alla cucina, preoccupata che tutto sia a posto e che a tavola non manchi niente. A tavola è stata una festa, Salvatore, Gaetana, Lucia la loro figlia, suo marito Maurizio e la piccola Veronica, tutti insieme come se ci conoscessimo da sempre a parlare, scherzare.
Il papà di Salvatore, Antonino, è morto il 5 gennaio 1996, avrebbe compiuto 95 anni l`8 marzo, neanche lui è mai più ritornato ad Alia.
Salvatore oggi come allora è convinto che per il suo futuro, il futuro dei suoi figli, Lucia e Antonio, dei suoi nipoti è stata determinante la scelta di emigrare.
Ringraziamo la famiglia Napoli per la loro testimonianza e per aver condiviso con noi un ricordo che sembrava ormai sbiadito lontano nel tempo e Vincent Dispenza per averci suggerito il contatto con i suoi cugini in Toscana.