SEI ORE IN SCENA SENZA PAUSE PER GLI ARTISTI DI LUNA OBLIQUA “IL FIGLIO DELL’UOMO” REGISTRA IL SOLD OUT IN TUTTE LE REPLICHE
Una cinquantina di spettatori sono rimasti per la seconda, e per la terza, e qualcuno di loro, una decina, perfino per la quarta replica consecutiva.
E’ questo il primo “dato di fatto” che riguarda la messinscena “Il figlio dell’uomo”, seconda data del Teatro degli Esoscheletri di Luna Obliqua.
La seconda annotazione di cronaca è che il tetto massimo di 50 spettatori fissato per ciascuna replica è stato sempre raggiunto e superato. L’intera maratona al Teatro Savio di Messina - cominciata alle ore 18 di ieri, venerdì 15 marzo, e terminata verso la mezzanotte - è stata “sold out”.
Ancora un dato: per più di sei ore gli artisti di Luna Obliqua sono rimasti in scena, senza pause tra una replica e l’altra, senza cedimenti, anzi con una intensità di interpretazione profonda e costante e sempre capaci di farsi ispirare dalle reazioni e dalle sensazioni trasmesse dal pubblico.
Infine, una curiosità: ammutoliti e coinvolti, gli spettatori hanno applaudito solo dopo numerosi istanti dal termine dello spettacolo, fermandosi in sala in piedi e tributando così un omaggio che ha particolarmente commosso interpreti e regista.
La rappresentazione, governata dalla rigorosa regia di Sasà Neri, ha letteralmente avvolto gli spettatori. Il pubblico, infatti, è stato portato sul palcoscenico e le emozioni si sono susseguite fin dall’inizio dello spettacolo, avviato dalla chiusura del sipario su una platea vuota.
La colonna sonora della messinscena, fatta di musiche e di testi, di cori e di ballate, si è srotolata in un perfetto meccanismo di climax e aperture, portando sul palco il “Testamento di Tito” di De André, una rivisitazione della scioccante “Vieni a ballare in Puglia” di Caparezza eseguita con cadenza violenta e ineccepibile da Luca D’Arrigo, la danza iniziale svolta sulle note di “Personal Jesus” e terminata nel silenzio assordante seguito ad una volontaria distorsione della musica, le percussioni suonate dal vivo da Leonardo Canegallo e gli adagi del pianoforte suonato anch’esso dal vivo da Antonio Zaccone, uno dei due straordinari interpreti, insieme con Gianluca Minissale, della duplicità incoerente e addolorata di Giuda.
Tanti i momenti di grande emozione: le frustate battute a terra da Gabriele Casablanca (che insieme con Martina Cucè ha interpretato a due voci la figura di Giovanni) mentre l’intero gruppo, discosto pochi centimetri, gemeva all’unisono; il monologo di Maria, resa donna umanissima da Martina Cucé, gli interventi del personaggio di Salomé, per la voce straziata e impazzita di Alessandra Borgosano, il Kaifa dalle mille sfumature di Margherita Frisone, le particolarissime interpretazioni di William Caruso e Luciano Accordi che hanno dato alla figura di Ponzio Pilato estenuante senso di colpa ed impietosa umanità.
In scena, insieme a loro, anche Alice e Riccardo Ingegneri, Simona Casale, Cetty Franchina, Tindara Cucca, Gaetano Gervasi, Rita Nucera, tutti allo stesso tempo coro e protagonisti