Ghumbert di Cattolica INTERVISTATO DALLA DW (DEUTSCHE WELLE)
All’inizio della settimana che va dal 24 al 30 di settembre, il Sig Gerd Brendel , giornalista tedesco della radio DW è venuto ad intervistarmi.
Il Sig Brendel è alto di statura, una faccia simpatica, occhi indagatori e un sorriso sulle labbra. Sedutosi sulla poltrona di fronte alla mia, iniziò a sorseggiare la spremuta d’arancio che la cameriera gli aveva portato e con un bel sorriso mise il microfono pronto a registrare davanti alla mia bocca e mi disse: ”Prima Otto Geleng, pittore tedesco, ora, Ghumbert di Cattolica, pittore italiano”. Sapeva di una mia mostra che stavano allestendo a Berlino ed anzi sapendo che ancora non conosco questa eccezionale metropoli, mi ha invitato a stare nella foresteria del giornale, ospite della DW. Chiese della mia pittura, dei periodi che l’hanno caratterizzata, degli anni più fecondi, dei colori che uso e con quanta saturazione li stendo sulla tela, delle velature, dei soggetti accademici, di quelli surrealisti o quelli astratti: li volle vedere, li volle toccare, li volle interpretare: parlammo delle collezioni private che avevano dei Ghumbert in tutto il mondo, dei musei e delle esposizioni. Fu un interrogatorio ampio e minuzioso, più che un’intervista sembrava un inquisitorio, che trovavo interessante ed eccitante, rincorrevo il passato che si affacciava alla mia mente e non volevo farmi sfuggire niente e nessun ricordo, alla fine mi sentì esausto e stanco, ma sentivo un certo compiacimento per tutte le notizie ch’ero riuscito a ricordarmi! Poi passammo ai personaggi che mi hanno preceduto nell’arte pittorica: raccontai quello che sapevo su Otto Géleng e soprattutto di un suo figlio, Angelo, anche lui pittore, che conobbi personalmente perché durante la mia la mia infanzia mi fece diversi ritratti, e perché nella nostra villa avevamo moltissimi suoi dipinti. Poi mi chiese di un altro pittore tedesco, che qui divenne un fotografo e si chiamava Wilhelm von Gloeden. Anche di lui dissi ciò che sapevo per sentito dire, ma mi sentivo impacciato perché non conoscevo bene la loro vita. Parlammo di altri residenti stranieri a Taormina e soprattutto di quelli che negli anni 50-60-70, avevo conosciuto e frequentato, quelli con cui ero diventato amico e che vedevo sia a Taormina, sia nelle capitali europee durante i miei studi o i lunghi soggiorni invernali, a Londra a Parigi ad Hamburg o Ginevra ,o in America quando mi invitavano nelle loro sontuose ville di Hollywood e di Bel Air a Los Angeles, o nella East Coast, nei lussuosi appartamenti di New York che si affacciano su Central Park o a Long Island nelle gigantesche residenze di Hampton nella Contea di Suffolk..
L’intervista è durata quattro ore ed il giorno dopo altre due ore. Sarei dovuto rimanere con lui, ma l’influenza che nel frattempo mi piombò addosso, mi costrinse a mettermi a letto per curarmi. Passata la fase acuta e la febbre, sentivo uno stato d’agitazione e un senso di smarrimento: durante la permanenza a letto, l’unica cosa che riuscivo a pensare era ad Ottone Geleng: era un ombra che mi perseguitava! Vero che avevo risposto alle domande del giornalista, ma quello che sapevo ed avevo sentito dire su di lui era la verità? E quanto sapevo veramente su quel personaggio o su Gloeden? Le domande non smettevano di susseguirsi, e visto che dovevo rimanere ancora a letto decisi d’alzarmi e cercare nella mia biblioteca tutte le informazioni che potevo avere su quegl’illustri personaggi, così, trovati i libri, iniziai a leggere con avidità e con interesse tutto ciò che gli riguardava. Fui appagato: le notizie erano più o meno quello che avevo detto al giornalista: tante altre cose lessi, e adesso che conoscevo meglio i fatti del passato; un gusto amaro m’invase: pensai subito che noi taorminesi abbiamo la memoria corta e soprattutto siamo ingrati!
Mi fu insegnato il rispetto per il passato, per la storia, di avere dei sentimenti nobili: anche se tardivamente, vorrei onorare la memoria di coloro che con il loro amore per questo nostro paese hanno contribuito al benessere della nostra città, la quale sembra essere afflitta da una forma acuta di demenza. D’altra parte a scuola si studia la storia, ci parlano dei Greci, dei Romani, degl’Arabi, dei Normanni e via dicendo, ma non si approfondisce la storia recente della propria città e d’altra parte bisogna sperare che chi la scrive sia imparziale e non sia un bigotto incallito o un ipocrita invaso da perbenismo.
L’ombra del passato ritornò, gli occhi mi si chiusero, ma prima d’essere rapito dal sonno, una frase echeggiò nella mia mente: ” E quando ebbi implorato con voti e suppliche le stirpi dei morti, …Fuori dell’Erebo si radunarono le anime dei trapassati:… Si affollavano intorno alla fossa, da ogni parte, con grida acute: un livido terrore mi colse.”
Ed io, novello Odisseo, discesi nell’Ade fra i Campi Elisi. Tra le nebbie, le ombre dei morti si accostarono e le loro anime mi sfilarono davanti. Primo fra tutti riconobbi l’anima di Ottone Geleng. <<Grazie –gli dissi- per avere amato tanto Taormina e per averla resa famosa.>> <<Ho nostalgia dei mandorli in fiore e dell’Etna innevata, o glorioso Ghumbert, -mi rispose- e ti ringrazio della tua gentilezza, ma non credere che tutto feci per altruismo, dovevo salvare la mia reputazione. Ma quella fu la scintilla che diede l’esplosione al celebre futuro di Taormina. Certo ne fui avvantaggiato! Ma soprattutto fui stregato dalla gente, dai panorami, dai monumenti, tanto da non poterne più fare a meno. Mi vollero come sindaco, ma preferì essere Prosindaco, mi sposai con una taorminese e presi la nazionalità Italiana. Ebbi cinque figli ed il più grande lo mandai al fronte a combattere contro i tedeschi.. L’attaccamento a Taormina era diventato morboso, ero instancabile, e quando il Kaiser mi chiese di dare delle lezioni di pittura a suo figlio, trovai anche il tempo per promuovere la città che amavo. Durante la seconda guerra mondiale fui confinato a Bronte; già i Taorminesi avevano dimenticato tutto quello che feci per la città che adoravo… e il dolore fu tanto grande che decisi di non volere più vivere, lasciai il mio corpo alla terra che ho amato…>>
Dopo vidi Guglielmo von Gloeden e gli dissi: <<Grazie per avere amato tanto Taormina e per averla resa famosa.>> E lui mi rispose: << E’ stato grazie all’entusiasmo con cui mi è stata descritta la vostra città dal mio amico Ottone Geleng, che ho conosciuto a Berlino, che ho deciso di trasferirmi a Taormina con mia sorella. Erano allora i primi anni in cui la fotografia si affacciava al mondo ed io ebbi molta fortuna con le foto dei panorami di Taormina, ma mi stancai presto e passai ai monumenti, poi decisi di fare delle scene contadine ed iniziai ai ritratti. Poi mi rivolsi a quei idilli agresti di Teocrito, feci rivivere quei personaggi descritti da Omero e fu un balzo indietro nel tempo. Ben presto riscossi un tale successo, senza precedenti, perché erano assolutamente nuovi, audaci, sempre suscettibili di critiche e di condanne. Taormina, grazie a me, divenne una tappa obbligata dell’estetismo Europeo. Quelle foto di quella “Grecia” languida e provocante che rappresentò la bellezza degli antichi, attirò a Taormina, i maggiori rappresentanti - sia Capi di Stato che artisti; letterati o sedicenti esteti, tutto il “decadentismo” dorato europeo di fine ottocento e primo novecento-. Seppi cogliere il momento e produssi un miracolo. Dal mio studio i ritratti di fauni, di satiri, di baccanti, di divinità, di donne e di uomini in atteggiamenti classici che ricordavano le sculture di Fidia, invasero il mondo e il mondo volle venire qui per costatare di persona questo miracolo che produsse la fotografia. Con le mie foto con lo sfondo della ribollente Etna, esposi a Roma, Parigi, Londra e Berlino, ricevendo numerosi premi e molti attestati, anche il Ministro della Pubblica Istruzione Italiana mi rese ufficialmente atto di valentia, definendo i miei lavori “Eccezionali”. Quando i Taorminesi si vantano degli ospiti importanti che giunsero in quei giorni, dimenticano di dire che tutti questi vennero per vedere le foto nel mio studio e di questo ne beneficiò anche la città. Bussarono alla mia porta il Kaiser Guglielmo II e suo figlio Guglielmo Augusto di Prussia, il re Eduardo d’Inghilterra, subito dopo la mia porta s’aprì per il re del Siam, per scienziati e naturalisti Giapponesi , il re del ferro, del petrolio, delle ferrovie, delle miniere, e… banchieri come i Morgan, Stimes, Rotchild, e Vanderbild, e non mancarono neanche Oscar Wilde, Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse, Anatole France… Vennero per me, ma ne godette anche Taormina! Ho ammirato l’intelligenza dei Taorminesi, ma mi chiedo se quella delle nuove generazioni è la stessa dei loro antenati ,o forse temono che omaggiandomi si possano compromettere. Inoltre vorrei precisare che chi rende onore alla mia arte, rende omaggio alla genialità che ho saputo esprimere in scatti di fotografie che poi diventarono famosi e furono apprezzati e portarono il nome di Taormina in tutto il mondo. Si rende omaggio alla genialità: nel mondo si elogia Leonardo e Michelangelo per la pittura e la scultura, vengono in Italia per vedere i loro capolavori; non mi metto alla pari di loro, ma senza falsi pudori, nella fotografia sono stato un innovatore e la morbidezza delle mie immagini nessuno è riuscito ad uguagliarli fino a oggi giorno. Pensate quanta gente continuerebbe a venire a Taormina per vedere i miei lavori se solo i taorminesi avessero fatto un museo per esporre le mie opere. >>
Poi vidi Miss Mabel Hill, che istruì le ragazze con la scuola del ricamo e fece venire suore e frati per educare i giovani. Anche lei soffriva perché aveva tanto amato la gente di Taormina ma loro non hanno ricambiato il suo amore.
E poi vidi Miss Florence Trevelyan Cacciola, che era triste perché disse che: << Certi mitomani hanno infangato con calunnie la mia memoria, -e continuò dicendo-, non ebbi amanti, non ero Lady e non fui mai esiliata o consigliata a lasciare il mio paese. Scelsi per amore, e vissi bene a Taormina, amai la gente ed il paesaggio, mi circondai di una coreografia che aveva il sapore dell’epoca feudale che tanto amavo, ma quando conobbi la stupidità e la malvagità della gente preferì l’amore dei miei cani. Ebbi un figlio che mi morì appena nato e dunque non ho lasciato una mia discendenza, non ho parenti a Taormina. Ho beneficiato tanta gente, specie ragazze che si apprestavano al matrimonio, ho adorato gli alberi (tanto che nel mio testamento ho proibito di tagliarli) e gli animali. Il mio palazzo l’ho lasciato ai miei parenti inglesi, a mio marito lasciai l’usufrutto sia della casa a Taormina sia di quella in Inghilterra. Non ho dato io il giardino che ora e la villa comunale, ma è stato espropriato, per utilità pubblica, dal Ministro Giovanni Colonna Duca di Cesarò, dato che ottenne i finanziamenti necessari per acquistare il parco, con decreto legge del 18-2-1923, n° 528, quando io ormai avevo raggiunto questi luoghi ( da 16 anni) dove vivono solo le anime che hanno lasciato il loro corpo alla terra. E comunque non fui io a piantare tutti quegli alberi tropicali, io amavo la semplicità, e mi piaceva avere alberi d’ulivi, seppi che dopo l’esproprio il terreno fu ridisegnato aggiungendo viali ed altro dal vivaio del Cav Allegra di Catania,( con l’aiuto della sig.ra Inga Borgessen Atenasio, moglie dell’allora sindaco di Taormina Francesco Atenasio), che aveva un fornitissimo vivaio di piante esotiche che piantò nel parco, snaturando quel fascino mediterraneo che tanto amavo .>>
E vidi altri benefattori della nostra città, ma nessuno di loro può eguagliare i primi due, specie il secondo.
Quando i fantasmi si dissolvero nelle ombre e le anime migrarono nella profondità della gelida nebbia della notte, giunse la luce del giorno con il caldo raggio del sole, abbandonai il regno di Ade, e ritrovato me stesso nell’oggi, ritornai tra i vivi, e mi ricordai che proprio il 29 settembre è stato il 73 anniversario della morte di Ottone Géleng, mentre il 16 settembre è stato il 156 anniversario della nascita di von Gloeden, per loro, oltre le strade, non è mai stato fatto niente, in compenso abbiamo messo un busto di uno Zar Russo che forse non ha neanche visitato Taormina, in quel giardino che ha visto i passi della “’ingrisa”; proprio a lei, alla Sigra Cacciola gli è andata meglio, ma solo grazie al Rotary Club.
Ricordo che molto tempo fa vidi un documentario su Taormina sulla Rai ed il giornalista cercava di mettere al suo posto le varie tessere che formano il mosaico che portò la nostra città ad essere una delle più famose mete turistiche del mediterraneo, Europa e anche del mondo. Il giornalista intervistò molte persone e tra gli altri la Sig.re Franca Lo Turco, nata Floresta, una delle tre proprietarie dell’Hotel Timeo. Gli elencò i vari personaggi che visitarono il suo albergo; iniziò con i Kaiser , i re, etc.,… e la cara Franca si limitava a confermare con un “Si”, finché approfittando della sua emotività per l’intervista, l’intervistatore maliziosamente gli chiese: “Goethe?”, anche questa volta la risposta fu… “Si”. Franca cadde nel tranello del perfido giornalista! Ovviamente quando Goethe venne a Taormina, il Timeo ancora non esisteva. Il giornalista nel cortile di Palazzo Corvaja continuò le interviste con l’allora sindaco Nicola Garipoli e l’allora vice sindaco Aurelio Turiano. Gli fece ricordare come avvenne il miracolo del benessere nella nostra città, entrambi parlarono di Geleng, ma omisero Gloeden! Quando il giornalista gli fece notare una mancanza della loro memoria o gli disse che forse non conoscevano bene la storia del paese che stavano amministrando, a questo punto entrambi dissero che certo anche quest’ultimo una certa parte l’aveva avuta. Fu il momento in cui il giornalista furbescamente non si fece sfuggire la domanda: “ Ma visto che siete debitori verso questi personaggi, come mai non avete mai pensare d’erigere una statua o un busto in qualche piazza della città che possa ricordare alle generazioni future e agli stranieri che visitano Taormina il percorso del turismo di questo paese, ma anche per un senso di gratitudine verso questi personaggi che hanno determinato l’importanza di Taormina nel mondo?” Il sindaco contrariato e con la faccia che accennava un sorriso ironico rispose: ” Non ci è stato possibile perché le cave hanno esaurito il marmo!”, mentre più diplomaticamente il vice sindaco disse che stavano pensando di intitolare qualche strada. Ed è vero che questo mantenne la promessa, ma diede i nomi a delle strade insignificanti e senza uscita! ! ! La Signorina Daphne Phelps per riuscire a far dare una strada decente e non il “cul de sac” di tre metri che avevano assegnato a suo zio Robert H. Kitzen, ha dovuto penare per molto tempo e fare intervenire molte persone che sposarono la sua causa a perorare la sua richiesta; alla fine ci riuscì quando cambiò l’amministrazione.
Durante la celebrazione della Festa dei morti, le tombe di questi illustri personaggi che amarono tanto questo paese, sono disadorne di fiori, la nostra amministrazione ( cioè noi) si dimentica di loro, e nel cimitero nessuna freccia indica le loro ubicazione e restano in totale abbandono.
Potrei continuare, ma penso che sia meglio fermarmi qui: voglio solo aggiungere quello che alla fine dell’intervista fattomi dal giornalista tedesco, mi fece notare il Sig Brendel: “ Si è reso conto che stiamo parlando di tre pittori, di periodi diversi, tutti correlati con Taormina e che tutti iniziano il loro cognome con una “G”, sarà un caso? “
P.S.
Nel giorno del trapasso di Ottone Géleng erano trascorsi settantasei anni dal suo arrivo a Taormina, il giorno dei funerali una folla imponente accompagnò la sua salma, ma non si sentirono i rintocchi della “Torre dell’orologio” che generalmente diffonde i suoi rintocchi quando un uomo che ha dato lustro alla città lascia la vita terrena. 22-3-1843 / 29-9-1939
Nel novembre del 1930 Sofia, la sorella di Gloeden morì, e nel febbraio dell’anno dopo anche Gugliemo von Gloeden decedé lasciando il suo corpo nella città che aveva tanto amato e che lui rese famosa. 16-9-1856 / 16-2-1931