Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento molti italiani fur
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento molti italiani furono costretti ad emigrare verso le Americhe e l’Oceania. I contadini emigravano a causa della disoccupazione e della povertà, quindi a causa della crisi economica che aveva colpito l’Europa. Furono circa 50000 le persone che dovettero emigrare verso gli Stati Uniti ogni anno nella speranza di avere una vita migliore. L’80% degli emigranti proveniva dal Sud Italia, ancora arretrato in campo agricolo, economico ed industriale. Inoltre per l’80% erano di età compresa tra i 14 e i 45 anni. Le condizioni economiche dei contadini non era cambiata, infatti a loro non era ancora stato concesso il diritto al voto, e soprattutto venivano sfruttati. Inoltre le loro case erano tutte uguali. Esse erano costituite da un`unica stanza in cui si trovava un unico letto matrimoniale dove dormiva tutta la famiglia. I bambini più piccoli invece, dormivano in piccole ceste di vimini, appese al soffitto con delle corde, mentre gli animali stavano sotto il letto. Gli emigranti viaggiavano per 15-20 giorni dentro vecchie navi affollate oltre ogni limite. Erano autentiche carrette dalle pessime condizioni igieniche e sanitarie di bordo, infatti molti morivano a causa di malattie come il colera. Gli espatriati viaggiavano con la speranza di trovare fortuna e un lavoro, cercando così di cominciare una nuova vita. Di solito il punto d’arrivo era Ellis Island, isola artificiale non distante da New York. Qui, gli immigrati sbarcavano per poter essere visitati e interrogati dai funzionari americani. La visita medica ne eliminava circa il 15%, i quali venivano rispediti in patria; gli altri, invece potevano prendere il battello per New York. Per accoglierli venivano costruiti ospedali, orfanatrofi e scuole che fornivano assistenza gratuita per i bisognosi. L’obbiettivo era quello di favorire l’insediamento degli immigrati nella società americana. I nostri emigranti si concentravano nel quartiere di Little Italy, a Manhattan, il quale era diviso in segmenti regionali. Nelle pensioni, ad esempio, in una stanza 4 metri per 4 vivevano persino in 20 persone con soli due letti, senza sedie, né tavoli. Inoltre, erano ambienti malsani e dalle disastrose condizioni igieniche. Le maggiori difficoltà da superare erano soprattutto legate alla lingua. Infatti la maggior parte dei migranti era analfabeta, inoltre parlavano solamente il dialetto. Quindi, il problema, prima ancora di imparare l’inglese era quello di comprendersi tra diversi gruppi regionali. Fu così che nacque un gergo comune, diverso dalla lingua ufficiale in quanto utilizzava parole inglesi deformate. I mestieri che svolgevano non erano molti e non ne traevano grandi guadagni. Essi erano i lavori nelle miniere, nelle piccole botteghe, la costruzione di ferrovie e i grandi lavori edilizi. Successivamente ci furono assunzioni delle donne nell’industria tessile, nelle manifatture di tabacchi e nella confezione di abiti. Oggi negli Stati Uniti, gli italoamericani sono quasi 6 milioni, circa il 6% della popolazione statunitense. Quasi tutti vivono in città, lavorano e guadagnano bene. Alcuni di loro, inoltre hanno raggiunto i vertici della società americana , insegnando alle università o svolgendo professioni prestigiose. Ad esempio i famosissimi attori De Niro, Di Caprio... o Rudolph Giuliani che è stato il sindaco di New York … e molti altri. Questa è la testimonianza del loro lungo cammino da emigrati e della speranza per le migrazioni che ancora oggi accadono.