Anche se qui in Brasile non è il giorno dedicato ai PADRI voglio omena
Anche se qui in Brasile non è il giorno dedicato ai PADRI voglio omenaggiarli co la traduzione che ho fatto da testo di un illustre ex Senatore della Republica del Brasile (Artur da Távola) "Oggi è il giorno del mio compleanno. E di tutte le mie modeste occupazioni, quello che più mi realizza è: essere padre. Essere padre è, innanzitutto, non aspettare ricompense. Ma essere felice se e quando arrivano. È sapere di fare il necessario al di fuori ed in mezzo alle incomprensione. È imparare ad essere tolleranti con gli altri ed esercitare una ferma intolleranza (anche se comprensiva) verso i propri errori. Essere padre è imparare, attraverso gli sbagli, quando é il tempo di parlare e di tacere. È contentarsi di stare in riserva, come aiutante, in attesa del dopo. Più che mai parlare nel momento giusto. È avere il coraggio di andare avanti, sia per vivere che per morire. È vivere gli errori che più tardi correggerà nel figlio, facendosi forte nei confronti di tutto quello che dovrà vivere per capirlo ed affrontarlo. Essere padre è imparare ad essere contraddetto quando non si è nel pieno della lucidità. È aspettare. È sapere che l'esperienza serve a chi la possiede e la si ottiene solamente vivendo. Perciò, essere padre, è sopportare il dolore di vedere i figli passare attraverso le necessarie sofferenze, cercando di proteggerli senza farsi notare da loro, così che loro possano scoprire la propria strada. Essere padre è: sapere e tacere. Fare e proteggere. Dire e non insistere. Parlare e dire. Dosare e controllare. Guidare senza farsi vedere. È vedere il dolore, la sofferenza, il vizio, la caduta e cose simili, senza mai trasmettere ai figli quello che poco a poco, logora l'anima. Essere padre è essere buono, ma mai debole. Essere padre significa non addebitare ai figli la propria parte di imperfezione, il proprio lato debole, bisognoso ed orfano. Essere padre è imparare ad essere superato, anche se si continua a lottare per rinnovarsi. È capire senza spiegazioni, é sperare nel tempo del raccolto, anche se non sarà più vivo. Essere padre è imparare a soffocare il bisogno di una carezza e di essere compreso. Ma accettare le lagrime quando arrivano. Essere padre è saper accettare la misura in cui è resa più chiara la personalità del figlio, sempre come influenza, ma mai come imposizione. È sapere essere: eroe durante la sua infanzia, esempio durante la sua gioventù e amico nell'età adulta del figlio. È sapere giocare ed arrabbiarsi. È formare senza modellare, aiutare senza ricevere nulla, insegnare senza dimostrare, soffrire senza contaminare, amare senza contraccambio. Essere padre è sapere accettare l'ira, incomprensione, l’antagonismo, le paranoie mentali, l’invidia, la proiezione di sentimenti negativi, l’odio passeggero, le ribellioni, le disillusione e a tutto questo rispondere con la capacità di andare avanti senza mortificare; di insistere senza intervenire; certezza, porto, vacillamento, appoggio, ponte, mano che apra la gabbia, amore che non prende, fondamento, enigma, pacificazione. Essere padre è raggiungere il massimo dell’angoscia nel momento del massimo silenzio. Il massimo della vicinanza nel momento più alto della solitudine. È, infine, cogliere la vittoria precisamente quando percepisce che il figlio, che ha aiutato a crescere, ormai non ha bisogno di nulla per vivere. È padre chi si annulla nel lavoro che ha portato a termine e sorride, sereno, per aver fatto di tutto per nascondere di essere importante.