La casa de la Fantàsema. Cecilia Battaglin Ignazzi

Voce narrante di Bruno">

Radici & Civiltà

REPORTER REPORTER Pubblicato il 17/08/2006
<b>La casa de la Fantàsema.</b>
L’eventuale pubblicazione di parziali brani musicali allegati a testi scritti è fatta a titolo di Demo, essendo essa finalizzata a documentare la relativa ricerca della rubrica “Radici & civiltà” non avente scopo di lucro, ma, piuttosto, finalità di libera divulgazione culturale.

La casa de la Fantàsema.

LOCALITA DI RIFERIMENTO: Marostica - ( prov. Vicenza) - VENETO -



Tratto da LE STORIE DEI FILO’ a Marostica.


"Esseri fantastici nelle tradizioni popolari venete” di Cecilia Battaglin Ignazzi



Voce narrante di Bruno Dalla Rosa





Na volta in Vale ghe gera na casa che nisuni volea starghe, parché tute le note a medanote se sentia dò pa l camin tuto un scorlamento de caene. I saea che la gera na Fantasema, ma nisun gavea l coraio de scongiurarla, parché pole capitare de bruto.


El paron de casa, pa libarare sta casa da la Fantasema, el ga dito che la casa gera sua de quelo che gavea coraio de starghe rento tuta la note. Se fa vanti un scarpareto e l dize: «Vao mi». El se tol su poenta, salame e vin e l se mete in cuzina pacifico spetare.


Sona medanote e l sente le caene del fogolaro scorlare. «Vigni vanti, vigni vanti - el dize - che qua ghin'è par tuti».


Lora se fa vanti na Fantasema e lu, sensa paura, el dize su l'Anema teren a senza sbaliare un filo, e sta qua ghe fa segno de narghe drio. I riva in caneva e là la ghe fa segno de scavare inte un posto.


La scava e l te cata na pignata piena de schei de oro. El se la tol su, e la Fantasema sparise dò pa l buzo che l gavea scavà. La zente intanto gera fora spetare de vedarlo scapare come tuti i altri; co no i lo vede rivare, i crede che l sipia morto da l spavento.


Ma la matina drio lu va dal paron e l ghe dize: «La vostra casa ze libara, tegnivela, parché mi me basta quelo ca go catà». E cusì ga contà l fato.


Serto che pì de uno se ga pentio de no vere scongiurà la Fantàsema. Lu ghe la gavea fata.




(traduzione letterale)
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La casa del Fantasma.


Una volta in Valle c'era una casa dove nessuno voleva abitare, perché tutte le notti, a mezzanotte, si sentiva giù per il camino uno scuotimento di catene. Sapevano che era un Fantasma, ma nessuno aveva il coraggio di scongiuarlo, perché è pericoloso.

Il padrone di casa, per liberare questa casa dal Fantasma, ha detto che sarebbe stata di colui che avesse ayuto il coraggio di rimanervi dentro tutta la notte. Si fa avanti un calzolaio e dice: «Vado io». Prende con sè polenta, salame e vino e si mette in cucina pacifico ad aspettare.

Suona mezzanotte e sente muovere le catene del focolare. «Venite avanti, venite avanti - dice lui - che qui ce n'è per tutti». Allora si fa avanti un Fantasma e lui, senza paura, recita lo scongiuro «Anima terrena» senza sbagliare niente, e questi gli fa segno di seguirlo. Arrivano in cantina e là gli indica di scavare in un punto.

Lui scava e ti trova una pentola piena di monete d'oro. Se la prende su, e il Fantasma sparisce giù per il buco che aveva scavato. La gente intanto era fuori ad aspettare di vederlo scappare come tutti gli altri; non vedendolo arrivare, credono che sia morto dallo spavento. Ma il mattino seguente lui va dal padrone e gli dice: «La vostra casa è libera; tenetevela, perché a me basta quello che vi ho trovato». E così ha raccontato il fatto.

Certo che più di uno si è pentito di non avere scongiurato il Fantasma. Lui c’era riuscito.



Nella foto: la piazza degli scacchi di Marostica




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